La tioridazina agendo su EAG2 può curare i tumori cerebrali
LUDOVICA R. POGGI & NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno XIII – 12 settembre 2015.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il numero crescente di diagnosi di tumore cerebrale, sia in età evolutiva sia in età adulta, e il tasso di mortalità ancora elevato per queste neoplasie, ci aiutano a comprendere le proporzioni di un grave problema medico e di un grande dramma umano. Gli studi epidemiologici più aggiornati e completi – come spesso accade – riguardano la popolazione degli Stati Uniti d’America; tuttavia, la considerazione di quelle cifre è anche per noi di estremo interesse, in quanto la realtà europea, come è emerso da precedenti verifiche, non è tanto diversa.
Dei 600.000 morti l’anno di cancro negli USA, 20.000 sono affetti da tumori primitivi del cervello, metà dei quali sono gliomi maligni. Il cervello di altri 130.000 pazienti, al momento della morte, presenta tumori metastatici. Si stima che in circa il 25% di tutti le persone affette da cancro, l’encefalo e le meningi siano interessati da neoplasie nel corso della malattia. Fra le cause di morte da patologia intracranica, nell’adulto i tumori sono superati in frequenza soltanto dall’ictus, mentre nei bambini le neoplasie del cervello costituiscono il più comune tumore solido e rappresentano il 22% di tutte le malattie neoplastiche dell’infanzia, seconde in frequenza solo alle leucemie.
L’incidenza annuale negli USA di tutti i tumori che interessano il cervello è di 46 per 100.000 abitanti e di 15 per 100.000 se si considerano solo le neoplasie originate nell’encefalo, escludendo le metastasi[1]. Non si hanno invece statistiche precise su grandi numeri dei tipi istologici, perché l’esame microscopico del tessuto viene effettuato solo in una parte dei casi. Un dato certo ed impressionante riguarda l’incremento negli ultimi quarant’anni dei linfomi primari del sistema nervoso centrale[2], triplicati negli ultimi 25 anni negli USA.
La maggior parte dei tumori dell’encefalo si presume che origini da cellule della glia e, pertanto, costituisce la categoria generica dei gliomi, che include astrocitomi nei vari gradi di malignità, oligodendrogliomi, ependimomi (che presentano un tessuto con caratteristiche epiteliali) e varie altre forme considerate rare. Altri tipi di tumori cerebrali originano da strutture anatomicamente associate all’encefalo (meningiomi), dai linfociti (linfomi del sistema nervoso centrale), da elementi cellulari precursori (neuroblastoma, medulloblastoma), cellule embrionarie (germinoma, craniofaringioma – ossia il tumore della tasca di Rathke – e teratoma) o da elementi endocrini, come gli adenomi ipofisari.
I progressi nella conoscenza della biologia dei tumori, nelle terapie farmacologiche, chirurgiche e radianti, hanno migliorato la prognosi di molti tipi di tumori cerebrali; tuttavia, nell’insieme, il bilancio è ancora estremamente negativo e, probabilmente, soltanto numerose scoperte decisive nell’ambito della biologia molecolare di queste neoplasie consentiranno di conseguire i risultati terapeutici da tutti sperati.
Fino a qualche anno fa nessuno avrebbe potuto immaginare che un neurolettico di impiego tradizionale, quale la tioridazina, frequentemente prescritta in Italia dagli psichiatri come Melleril e dai neuropsichiatri infantili nella forma farmaceutica delle gocce di Mellerette, si sarebbe potuto impiegare nel trattamento dei tumori del cervello. Eppure, è proprio quanto è emerso da uno studio che ha individuato in questa molecola un efficace mezzo per bloccare i canali del potassio EAG2, fondamentali nel promuovere la crescita dei tumori cerebrali e la genesi delle metastasi.
Xi Huang[3], con un team di 27 ricercatori provenienti da vari istituti di rilievo internazionale, ha sperimentato e proposto l’uso di questo vecchio farmaco per una nuova, straordinaria possibilità terapeutica (Xi Huang, et al., EAG2 potassium channel with evolutionarily conserved function as a brain tumor target. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi:10.1038/nn.4088, 2015).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: Howard Hughes Medical Institute, Department of
Physiology, University of California, San Francisco, California (USA); Howard
Hughes Medical Institute, Department of Biophysics and Biochemistry, University
of California, San Francisco, California (USA); Developmental and Stem Cell
Program, Arthur and Sonia Labatt Brain Tumor Research Centre, Hospital for Sick
Children, Toronto, Ontario (Canada); The Donnelly Center, University of
Toronto, Toronto, Ontario (Canada); Department of Cell and Tissue Biology,
University of California, San Francisco, California (USA); Department of
Pediatrics, University of California, San Francisco, California (USA); Division
of Experimental Medicine, Department of Medicine, University of California, San
Francisco, California (USA); Department of Neurological Surgery, Department of
Neurology, University of California, San Francisco, California (USA);
Department of Neurology Vanderbilt University Medical Center, Nashville,
Tennessee (USA).
Non tutti sanno che le principali teorie patogenetiche dei tumori cerebrali, in auge fino a tempi recenti, hanno avuto origine da ipotesi avanzate quasi due secoli fa. Nel 1838 Johannes Müller, nel suo libro-atlante Struttura e Funzione dei Neoplasmi, ipotizzava che all’origine dei tumori dell’encefalo vi fossero cellule embrionarie rimaste in sito e non sviluppate. Il valore dell’ipotesi e la capacità di precorrere i tempi da parte di Müller ci appaiono straordinari, se pensiamo che non si conosceva ancora il ciclo cellulare e che a quel tempo ben pochi ricercatori ritenevano che il cervello fosse costituito da cellule al pari degli altri organi, mentre la maggioranza era certa che fosse formato da un sincizio con continuità protoplasmatica (reticolaristi)[4]. Intanto, i reperti di tessuto tumorale cerebrale presentavano all’esame istologico, eseguito mediante microscopio ottico, caratteri che ricordavano quelli delle cellule embrionarie poco differenziate. Quaranta anni dopo, l’ipotesi di Müller fu ripresa da Cohnheim (1878) che ipotizzò all’origine dei tumori un’anomalia embriogenetica. Nella stessa traccia, Ribbert (1904) andò oltre, ipotizzando che le potenzialità di queste cellule staminali rimaste tali nell’adulto avrebbero favorito la crescita blastica, ovvero lo sviluppo rapido, espansivo e poco differenziato caratteristico delle neoplasie.
In continuità con questa visione, nel Novecento la patogenesi dei tumori primitivi dell’encefalo è stata dominata dalla teoria istogenetica di Bailey e Cushing, che si basava sull’embriologia allora nota dei neuroni e delle cellule gliali. A questi due autori si deve la denominazione dei tumori poco differenziati mediante l’aggiunta del suffisso blastoma alla radice indicante la linea cellulare di appartenenza: glioblastoma, medulloblastoma.
Successivamente, col sostegno di molti ricercatori, si fece strada l’idea che l’origine dei tumori cerebrali fosse da ascriversi ad un processo di trasformazione neoplastica di cellule adulte normali che, per effetto di questo processo patologico, sarebbero andate incontro a dedifferenziazione. Si riteneva che un normale astrocita, oligodendrocita, ependimocita, microgliocita, si trasformasse in una cellula neoplastica che, moltiplicandosi, desse luogo a cellule figlie caratterizzate da un grado variabile di anaplasia; in particolare, tanto più anaplastiche quanto più maligno era il tumore[5].
Fino ad oggi, le cellule di origine dei tipi principali di tumori cerebrali non sono state identificate in modo certo ed inequivocabile e, in molti casi, sembra che le masse neoplastiche si formino da cellule staminali pluripotenti residenti nel cervello: una nozione sconosciuta al tempo di Bailey e Cushing, e consolidatasi negli ultimi venti anni. Oggi la maggior parte dei ricercatori è convinta che la dedifferenziazione sia un artefatto interpretativo dovuto all’aspetto istologico e citologico delle neoplasie e non una proprietà fondamentale del tessuto in trasformazione neoplastica.
Poco per volta l’oncologia dei tumori cerebrali è progredita, sia seguendo le tracce della caratterizzazione clinico-epidemiologica[6], sia sfruttando i progressi che la genetica e l’oncologia molecolare hanno compiuto in generale nell’ultimo mezzo secolo. Chi desideri un quadro sintetico ma esaustivo delle principali nozioni emerse dalla ricerca, può consultare il già citato capitolo 31 dell’Adams and Victor’s Principles of Neurology (v. nota 1).
Questa premessa introduttiva ci aiuta ad inquadrare lo studio Di Xi Huang e colleghi nell’ambito di quei lavori di ricerca che, pur mirando direttamente all’individuazione di molecole in grado di agire in senso terapeutico, possono fornire un contributo di conoscenza, in senso più generale, alla biologia dei tumori cerebrali, partecipando al costituirsi di un quadro complessivo di dati che potrebbe risultare decisivo nello sviluppo di nuovi approcci terapeutici.
Oltre il 20% dei farmaci impiegati nel trattamento delle malattie umane agisce su canali ionici, ma nessuna molecola approvata per terapie oncologiche dalla Food and Drug Administration (FDA) è concepita per agire su un bersaglio costituito da un canale ionico. Pertanto, lo studio da parte degli autori del lavoro del canale ionico del potassio EAG2 (Ether-a-go-go 2) come potenziale obiettivo di molecole per trattamenti oncologici, rappresenta un elemento di novità.
I canali ionici del potassio (K+) partecipano a numerosi processi fisiologici, tra cui l’eccitabilità dei neuroni, la regolazione del battito cardiaco, la dilatazione delle arterie, il rilascio di insulina e la regolazione del trasporto renale degli elettroliti. I canali del K+ sono stati identificati nelle membrane di una grande varietà di tipi cellulari, quali cellule nervose, muscolari, ghiandolari, epiteliali, del sistema immunitario e del sistema riproduttivo. In generale, queste proteine-canale consentono, in determinate condizioni, il passaggio di flussi dello ione in entrata o in uscita. Ad esempio, quando sono applicati ad una cellula dei potenziali depolarizzanti, si ha l’apertura dei canali del K+ che consentono al flusso di ioni in uscita di controbilanciare l’effetto della depolarizzazione rendendo più negativo l’interno della cellula. I canali del K+ sono gestiti e regolati in vario modo e, in dipendenza del tipo di regolazione, sono classificati funzionalmente come sensibili al Ca2+, all’ATP, al voltaggio, ai ligandi extracellulari, ai secondi messaggeri.
Per la costituzione molecolare, la biofisica e la fisiologia dei vari tipi di canali del K+ si rinvia alle trattazioni specialistiche; qui si riporta solo qualche nozione relativa ai canali EAG.
Studiando una mutazione con effetti comportamentali in Drosophila, che determinava un fenotipo caratterizzato da movimenti a scosse delle zampe, fu identificata una famiglia di geni di proteine-canale del potassio regolate dal voltaggio, indicata come “Eag” o ether à go-go family. Sono stati clonati i geni codificanti per i membri di questa classe di canali ionici sia in Drosophila sia nei vertebrati, e i prodotti sono stati ripartiti in tre sub-famiglie (Eag, Erg, Elk).
L’importanza del canale del potassio regolato dal voltaggio EAG2 per lo sviluppo dei tumori del cervello era già emersa in uno studio condotto dallo stesso Huang, con un team dell’Howard Hughes Medical Institute di San Francisco, tre anni fa[7]. I ricercatori identificarono EAG2 con un canale del potassio presente in tutti i sottogruppi istologici e molecolari di medulloblastoma, il tumore maligno del sistema nervoso centrale più comune in età pediatrica.
L’eliminazione di EAG2 non solo inficiava lo sviluppo delle cellule di medulloblastoma in vitro, ma riduceva l’entità del tumore in vivo e migliorava la sopravvivenza negli studi con xenotrapianti. Nel lavoro pubblicato tre anni fa, Huang e colleghi hanno anche dimostrato meccanicisticamente che EAG2 è una proteina confinata all’interno della cellula durante l’interfase della divisione mitotica, ma è riccamente addensata nella membrana plasmatica durante la fase G2 e la mitosi. Disturbando l’espressione di EAG2, si aveva arresto in G2 e catastrofe mitotica. In breve, lo studio del 2012 stabiliva il significato funzionale di EAG2 nel promuovere la progressione del medulloblastoma, accertandone i meccanismi molecolari.
Il primo dato importante emerso dallo studio qui recensito, che sarà pubblicato su Nature Neuroscience, è che il canale ionico EAG2 ha una funzione, conservata nel corso dell’evoluzione, di promozione della crescita dei tumori cerebrali e di sviluppo di metastasi a distanza dall’encefalo.
I ricercatori hanno poi delineato le vie a valle degli eventi direttamente riguardanti il canale ionico e, soprattutto, hanno scoperto un meccanismo per diversi canali del K+ consistente nella cooperazione funzionale e nella regolazione del volume cellulare mitotico e della progressione tumorale. Huang, He, Dubuc e colleghi hanno osservato che i canali del K+ EAG2 erano addensati in corrispondenza del margine proliferante delle cellule migranti del medulloblastoma, per regolare le dinamiche locali del volume cellulare, così facilitando la motilità delle cellule della neoplasia.
A questo punto, i ricercatori hanno tentato di interferire farmacologicamente con la funzione dei canali del K+ EAG2, al fine di compromettere il loro ruolo nell’economia biologica dei tumori cerebrali. Come si è già riportato, è stata sperimentata la tioridazina.
La tioridazina è un farmaco neurolettico antipsicotico, impiegato per la sua azione tranquillante anche in disturbi diversi dalle psicosi. Appartiene ai derivati fenotiazinici[8], ossia la famiglia di molecole della quale faceva parte il primo farmaco storicamente introdotto in terapia per il trattamento dei disturbi psicotici, ossia la clorpromazina (Largactil), una fenotiazina alifatica. Le fenotiazine hanno una struttura triciclica composta da due anelli benzenici legati da un atomo di zolfo ed uno di azoto[9]. La sostituzione con gruppi polari in posizione C2 aumenta l’efficacia antipsicotica delle fenotiazine, così come la sostituzione di N10 influenza l’attività farmacologica. In tale posizione si possono avere tre principali sostituenti: catene alifatiche (clorpromazina, ecc.), catene piperaziniche (flufenazina, ecc.), catene piperidiniche (tioridazina, mesoridazina, ecc.)[10].
La tioridazina si è rivelata un efficace bloccante dei canali del K+ EAG2 in grado di ridurre la crescita di medulloblastomi sperimentali (xenografted MB) e delle loro metastasi.
A questo notevole lavoro di oncologia sperimentale, gli autori dello studio hanno poi aggiunto, in qualità di sperimentazione clinica, il resoconto di un caso di un paziente affetto da tumore cerebrale trattato con tioridazina, per il quale si rinvia alla lettura nel testo del lavoro originale.
In conclusione, gli esiti di questo studio si propongono all’attenzione di ricercatori e medici, perché la sperimentazione prosegua e, se le promesse che si evincono da questi risultati saranno mantenute, possa consegnare presto un nuovo mezzo di trattamento per una patologia che continua a togliere la vita a qualche centinaio di migliaia di persone l’anno e a funestare l’esistenza delle famiglie dei bambini e degli adulti colpiti.
Le autrici della nota ringraziano
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invitano alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
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[1] Cfr. Intracranial Neoplasms and Paraneoplastic Disorders (Ch. 31), in
Ropper, Samuels, Klein, Adams and
Victor’s Principles of Neurology, 10th edition, McGraw Hill,
2014.
[2] Fino al 1977 questi tumori erano chiamati “sarcomi a cellule reticolari” e la loro incidenza era trascurabile.
[3] Ye He e Adrian M. Dubuc, devono considerarsi contributori a pari titolo con Huang, come specificato in una nota.
[4] In realtà, la disputa fra cellularisti e reticolaristi si risolse solo molto tempo dopo l’introduzione del microscopio elettronico, negli anni Cinquanta del Novecento.
[5] Caratteri di malignità erano lo sviluppo non capsulato, la crescita rapida e invasiva, l’interessamento dei linfonodi e la tendenza a dare metastasi a distanza.
[6] I medulloblastomi, gli spongioblastomi polari, i gliomi del nervo ottico e i pinealomi si sviluppano quasi sempre prima dei 20 anni; meningiomi e glioblastomi sono più frequenti nella sesta decade di vita. Numerose mutazioni, solo alcune ereditate, sembrano avere un ruolo nella genesi di alcuni tumori, quali retinoblastomi, neurofibromi ed emangioblastomi.
[7] Huang X., et al. Genes Development
26 (16): 1780-1796, 2012.
[8] Una classificazione tradizionale, che non tiene conto degli antipsicotici atipici e di ultima generazione, schematicamente raggruppava i principali farmaci per il trattamento delle psicosi nel modo seguente: Fenotiazinici, Tioxantenici, Butirrofenonici, Difenilbutilpiperidine, Dibenzossazepine, Dibenzodiazepine, Diidroindolici, Benzamidi, Tiazine, Acridanici.
[9] La sostituzione dell’atomo di N in posizione 10 con un atomo di C, porta alla struttura dei composti Tioxantenici.
[10] Alcune virtù di questa molecola, che presentava minori effetti collaterali di altri fenotiazinici e dei butirrofenonici, conservando un’efficacia in apparenza abbastanza selettiva per le manifestazioni comportamentali, ne consigliarono l’uso a basse dosi in età pediatrica, peraltro con buoni risultati. La convenienza delle case farmaceutiche nel produrre e vendere altre molecole indusse la diffusione di dati su limiti e difetti della tioridazina, che fu poi accantonata.